top of page

La riga bianca è il limite, il punto oltre il quale l’aria si sposta e il rumore delle ruote si fa rauco. É l’attimo da non sorpassare, è il tempo dell’ansia imprevista e prevedibile, è il gioco sereno che si trasforma in un brutto sogno.
Pallida e scrostata come un vecchio muro dimenticato la riga bianca scorre rapida lungo il marciapiede, sfiora le suole delle scarpe come la battigia di un lago, ultima frontiera con un baratro profondo quanto una distrazione, baluardo immobile all’irreversibile. Intorno si compie una danza improvvisata di passi che con involontaria grazia e inconsapevole impaccio ne sfiorano il bordo logoro e sbiadito, senza mai realmente calpestarla. 
Appoggiato al muro tu aspetti, fissi quella linea bianca con lo stesso timore di quando eri bambino mentre tuo padre e tua madre ti stringevano forte la mano, quella stessa linea bianca che ancora oggi con un sorriso scavalchi mentre sali sul vagone della metropolitana. 
Mancano quattro minuti all’arrivo del treno, quattro minuti che pian piano si riempiono di animazione. 
Sulla pensilina opposta i passeggeri scivolano verso le scale mobili carichi di impegni, fatiche e sorrisi. “Turisti”, mormori a mezza voce senza che tu stesso te ne accorga, ma è un sussurro che basta per fare alzare lo sguardo curioso di un bambino appoggiato alle gambe di suo padre. Sorridi, sorride. Poi torna a guardare la figurina gialla che tiene tra le mani. Anche loro aspettano. Anche loro aspettano appoggiati al muro. Tre minuti. 
Poco lontano, una giovane donna ondeggia sui tacchi, forse per noia, forse per fretta. Scrive e sorride al telefono, solleva la testa immersa nei propri pensieri, cerca le parole, una risposta. Il cappotto nero le copre le ginocchia, le scarpe rosso scuro leggermente a punta lasciano intravedere piedi stanchi e una leggera smagliatura nelle calze. E’ avvolta in una sciarpa che le lascia scoperti solo i lineamenti di un naso dritto e deciso e il biondo scuro dei capelli raccolti sotto un cappello di lana. Lei non lo vede, ma sente lo sguardo dell’uomo fermo a qualche passo da lei. Ha le mani nelle tasche, rilassato, non ha fretta. La osserva, quasi con cortesia divertita o forse con divertita curiosità Lei si allontana di qualche passo misurato. Adesso lui abbassa lo sguardo poi si volta e ricomincia a guaradrla. Lei ha trovato le parole, sorride e riprende a scrivere. Due minuti. 
Tra il muro e la riga bianca un uomo è arrivato di corsa frugando nelle tasche della giacca a vento. Cerca qualcosa che ha perso, sembra importante. Lo trova. Con precisione e lentezza estrae dalla tasca un filo bianco, ne appoggia le estremità alle orecchie e si allontana squadrando con stupito disprezzo un vecchio barbone che dorme in un sacco a pelo stropicciato e liso. Il bambino lo guarda. L’uomo scuote la testa e pronuncia parole incomprensibili d’astio e disappunto, poi, senza voltarsi, osserva la donna con le scarpe rosse e si allontana a passo deciso verso il fondo della pensilina. Dalla galleria alle tue spalle ti ragiunge un vocìo confuso: qualcuno ha alzato la voce e cammina veloce. Ti volti ma non succede nulla. Un minuto. 
Dall’altoparlante una voce registrata avvisa i passeggeri che il treno è in arrivo. Tu osservi il buio della galleria, aspetti che appaiano i fari oltre la curva, lontani nella profondità del tunnel. Ti sposti, un solo passo, verso il punto in cui prevedi si apriranno le porte. Un passo. Il muro si allontana. Un passo. La linea bianca. Un passo. I fari sono ancora lontani. Aria, brezza leggera, impercettibile. Il bambino è vicino a suo padre. La donna sorride e scrive, l’uomo osserva l’arrivo del treno. Un passo, un fruscio alle tue spalle, sono parole, sono un lampo. Grida e silenzi. E’ un istante. La riga bianca. I fari. Il bambino alza lo sguardo, socchiude le labbra. La donna si volta e ti guarda negli occhi. La spinta. Semplice, imprevista, improvvisa. Silenziosa. L’uomo ha tolto le mani dalle tasche. Senti la schiena incurvarsi. La riga bianca. Le mani di tua madre nel vuoto delle tue mani, il vuoto del silenzio e il rumore stridulo dei freni. I fari. Il treno, oltre la riga bianca.

dric

Metro Linea 11, Chatelet - Porte de Lillas Stazione Rambouteau.

31 Gennaio 2005, Lundi soir, vers 19 h 30

bottom of page