Le luci blu danzano ritmicamente sulle onde. Sul ponte i manganelli battono violenti sulle schiene e sulle facce ormai sanguinanti. Ordini perentori, nessuno li ferma. Urla.
Un uomo vola, le braccia roteano nell’aria, sembra dormire. Cade, l’acqua gelida lo accoglie con un tonfo, sordo. Freddo. Le grida sono ormai parole confuse. Un altro tonfo, schizzi. Le onde si mescolano alle onde. I vestiti diventano pesanti, s’incollano alla pelle, le scarpe allacciate troppo strette sono come pietre.
Il rumore dei denti che battono nel freddo rompe il silenzio che lo avvolge. Intorno è un turbinio di braccia stanche, disperate, di volti che affogano, di bocche che gridano riempiendosi d’acqua. I cappotti e i cappelli abbandonati galleggiano nella corrente. Sono in molti nel fiume, ma ognuno è solo. Incredulo.
Nuota guardando la riva infinitamente lontana. Nuota e con le mani cerca gli anelli di ferro per l’ormeggio. Li afferra, stringe il metallo arrugginito. Aggrappato si lascia cullare, riposa.
Immobili ombre scure si sporgono dai parapetti, osservano, sorridono, impassibili. La vendetta per una guerra troppo lontana ma inesorabilmente vicina si compie.
Le braccia stanche e rattrappite resistono, sollevano, tirano. Le unghie graffiano la pietra, le dita scivolano sulla melma. L’argine è alto, la strada appare lontana. Sente la Senna scorrergli addosso, le alghe gli accarezzano le caviglie, sulle ciglia gocce d’acqua gelata gli annebbiano la vista mentre i ricordi si affacciano alla memoria. La paura e la rabbia si sciolgono in un torpore improvviso, il dolore svanisce, i vestiti zuppi si fanno leggeri.
Nel buio, esausto, si abbandona alla corrente. La città scorre luminosa sopra gli argini, gli occhi guardano il cielo e pian piano affondano nel silenzio del fiume.